a cura di:
Laboratorio di Sostenibilità ed Economia Circolare
Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo

 

beeswax wraps

Foto di Any Lane da Pexels

 

Tra i numerosi bisogni che l’essere umano ha per la sopravvivenza e lo sviluppo individuale e collettivo, il cibo è uno dei primi elementi che costituiscono il benessere fisiologico (Maslow, 1943). Considerando anche l’importanza culturale, sociale e personale che il cibo rappresenta, è comprensibile come mangiare sia una delle attività più presenti nella routine giornaliera delle persone.

 

Tuttavia, questa familiarità con il cibo può portare anche dei rischi. Il consumo di ogni alimento può causare conseguenze indesiderate, come intossicazioni alimentari o reazioni avverse dovute al modo in cui il cibo è stato preparato, processato o trasportato (Commissione Europea, 2000). Proprio a causa di questo rischio, è stato sviluppato il concetto di “sicurezza alimentare” nel XIX secolo, in concomitanza con la nascita della teoria dei germi e della rivoluzione scientifica, quando perciò iniziò la ricerca dell’origine delle malattie collegate al consumo degli alimenti, oltre che al modo migliore per prevenirle (Sessa, 2015).

La cosiddetta sicurezza alimentare, secondo la definizione della Commissione Europea contenuta nel “Libro bianco sulla sicurezza alimentare” - il quale racchiude le definizioni e le strategie da seguire per garantire la sicurezza alimentare a livello Europeo - comprende “[...] la valutazione e il monitoraggio dei rischi che possono derivare alla salute dei consumatori dalle materie prime, dalle prassi agricole e della lavorazione degli alimenti” (Commissione Europea, 2000).

Ad ogni modo, è importante ricordare di non confondere il concetto di sicurezza alimentare - inteso come igiene e salubrità (in inglese tradotto come “FoodSafety”) - con quello che spesso viene definito con lo stesso termine, il quale però coinvolge le condizioni necessarie per permettere alle persone l'accesso fisico ed economico a fonti di cibo nutrienti e sicuri che soddisfino i loro bisogni e le loro preferenze (FAO, 2008). Quest’ultimo concetto di norma si può tradurre come “Food Security”.

Dato che l'igiene e la salubrità del cibo sono i componenti fondamentali della FoodSafety, ci focalizzeremo su questo argomento per fornire prime conoscenze di base utili a qualsiasi consumatore.

 

Una delle principali preoccupazioni quando si pensa alla sicurezza alimentare riguarda gli alimenti in cattivo stato, intesi come prodotti alimentari contaminati a livello microbiologico o chimico (Nerín et al., 2016).

La contaminazione microbiologica include alimenti che contengono microbi patogeni che nell’essere ingeriti possono causare oltre 200 malattie, tra cui febbre tifoidea, diarrea e alcuni tipi di tumore (WHO, 2015); rientrano in questa categoria anche gli alimenti contaminati da tossine e i composti prodotti dall’attività microbiologica, per esempio quelli che causano il botulismo quando gli alimenti non vengono adeguatamente preservati: ne sono un classico esempio i sottaceti o le conserve di frutta casalinghe (WHO, 2018).

Nel caso della contaminazione chimica, invece, gli alimenti vengono contaminati da composti sintetici dovuti all’uso di sostanze che inquinano l’ambiente, tra cui i fertilizzanti e i pesticidi. Inoltre, è importante ricordare che le opportunità di contaminazione possono verificarsi in ogni passo della filiera alimentare e perciò dovuto a condizioni di produzione, stoccaggio, trasporto e preparazione, non ottimali. (Nerín et al., 2016)

Queste possibilità sono certamente una fonte di pericolo, ma esiste anche una parte di popolazione che può avere reazioni avverse nell'ingerire alimenti che sono integri e sicuri, a causa di allergie o di intolleranze. Per questo motivo, la sicurezza alimentare comprende anche l'etichettatura chiara e la dichiarazione ben visibile della possibile presenza di tracce di questi composti, in modo che le persone che riscontrano una sensibilità verso questi ultimi, possano evitarli e trovare alternative.

 

Nell'UE, la lista dei 14 allergeni alimentari comprende le seguenti fonti di rischio (EFSA NDA Panel, 2014):

Cereali contenenti glutine, latte, uova, frutta a guscio, arachidi, soia, pesce, crostacei, molluschi, sedano, lupini, sesamo, senape, solfiti.

E’ bene ricordare che alimenti sicuri e conservati in maniera ottimale non sono solamente gesti imprescindibili per la nostra salute, ma aiutano anche a ridurre in maniera diretta lo spreco alimentare. Difatti, imparare a conservare nella maniera più adeguata il cibo, ci permette di allungarne la shelflife così da non dover gettare alimenti avariati e perciò non più commestibili.

 

A questo proposito, un ulteriore aspetto da tenere in conto è la differenza tra la dicitura “Da consumarsi entro il” e “Da consumarsi preferibilmente entro il” (TMC – Termine Minimo di Conservazione). Se nel primo caso è necessario seguire le indicazioni sulla data di scadenza per essere certi di mangiare un alimento sicuro, il secondo deve essere inteso come un avviso legato allo stato qualitativo del prodotto. Infatti, il prodotto potrà essere consumato in sicurezza anche dopo la data riportata sull’etichetta, ma le condizioni di consistenza e sapore potrebbero non risultare ottimali (EFSA, 2020).

 

Fonte: www.bancoalimentare.com

 

Nell'attuale definizione europea di sicurezza alimentare (Commissione Europea, 2000), non solo è necessario che il prodotto sia privo di qualsiasi possibile contaminante o composto che presenti un rischio per il consumatore, ma anche che tutte le pratiche della filiera alimentare garantiscano che il rischio per il consumatore finale sia minimizzato.

Questo approccio, secondo il già citato “Libro Bianco per la sicurezza alimentare”, è il cosiddetto Farm to Table”, ed è diverso dagli approcci di altri sistemi legali - come quello statunitense - in cui il fine rimane sempre quello di rendere il prodotto finale il più inerte possibile, ma senza osservare le condizioni lungo tutti gli step della filiera del prodotto.

Un esempio di questa differenza di approccio sulla sicurezza alimentare e il suo impatto non solo sui consumatori ma anche sul commercio internazionale, è il pollo lavato con il cloro.

Negli Stati Uniti, cercando di garantire che i polli crudi non siano contaminati da microbi, essi vengono lavati con una soluzione antimicrobica che contiene cloro. Quest’ultima viene approvata dall’autorità statunitense di sicurezza alimentare - la US Food and Drug Administration o FDA - e confermata sicura per la salute dei consumatori.

L’Unione Europea, invece, cerca di garantire che il benessere animale e le buone pratiche di pulizia e igiene siano presenti in ogni passo della filiera come parte della sua politica di sicurezza alimentare (Farm to Table), non permettendo perciò né questo tipo di processo, né l’entrata di alimenti prodotti in queste condizioni.

Questi approcci diversi possono raggiungere obiettivi simili, intesi come la prevenzione delle malattie associate al consumo di pollo, ma usando priorità e metodi differenti (Sheldon, 2019).

 

Consigli per mangiare in sicurezza oggi e nel futuro.

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Scarica gli approfondimenti:

 

  Il diritto umano al cibo

 

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