Indice

 

Conseguenze ambientali

 

Conseguenze economiche

 

Conseguenze etico-sociali

 

 

 

Gli sprechi alimentari generano tre tipi di conseguenze: ambientali, economiche ed etico-sociali. Vediamo in dettaglio di che si tratta.

 

 

 

Conseguenze ambientali

  • Maggior uso di fertilizzanti e altri prodotti chimici: se si spreca occorre mantenere alto il volume complessivo della produzione e per farlo bisogna impiegare grandi quantità di fertilizzanti, pesticidi e altri prodotti chimici derivati del petrolio.

Ciò comporta:
- intossicazione dei lavoratori del settore;
- progressivo inaridimento del terreno;
- inquinamento di fiumi, laghi, mari e falde acquifere;
- presenza di sostanze chimiche negli alimenti.

  

  • Emissione di CO2 e di metano in atmosfera: anche qui l’aumento dei volumi di produzione determina una maggiore emissione di anidride carbonica e di metano, gas responsabili  dell’effetto serra e del conseguente innalzamento della temperatura nell’atmosfera terrestre (global warming). Teniamo presente, tra l’altro, che le emissioni si verificano in tre momenti distinti, prima nella fase produttiva, poi nel trasporto ed infine nello smaltimento dei rifiuti.

 

In Italia il settore dell’agricoltura emette 33 milioni di tonnellate di CO2 equivalente ed è quindi il secondo responsabile delle emissioni di gas serra a livello nazionale.
Fonte: Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA)

 

 

 

  • Riduzione delle scorte ittiche: la pratica di rigettare a mare una parte del pescato, che potrebbe essere destinata invece al consumo alimentare, causa la sovrappesca delle specie più richieste e nel contempo contribuisce alla riduzione delle scorte ittiche già ampiamente compromesse da tecniche di pesca distruttiva. La FAO ha stimato che il 28% delle scorte ittiche dei mari è pescato al limite dell’esaurimento o oltre questo limite. Alcune specie sono oramai in via di estinzione e non  dovrebbero comparire mai nei piatti dei consumatori: si tratta del tonno rosso, dei gamberi tropicali, del salmone selvaggio (Atlantico), del pesce spada e dello squalo (palombo, verdesca, smeriglio, vitella di mare), delle razze.

     

    • Aumento del volume dei rifiuti: gli sprechi incrementano la quantità complessiva dei rifiuti prodotti, fenomeno che di per sé ha un forte impatto ambientale, giacchè la maggior parte dei sistemi di smaltimento oggi utilizzati presenta criticità. In particolare, è noto che le discariche tendono a inquinare le falde acquifere e i termovalorizzatori producono polveri sottili il cui effetto sulla salute,  anche se non giudicato dannoso,  è  difficile considerare positivo. Occorrerebbe allora destinare i rifiuti organici al compostaggio.

      

    • Difficoltà a far fronte all’aumento della domanda alimentare derivante dall’incremento demografico: i demografi indicano nel 2050 l’anno in cui la popolazione mondiale raggiungerà il suo picco massimo, mentre dopo quella data comincerà a scendere. In numeri, si stima che entro il 2050 il nostro ‘piccolo pianeta’ ospiterà 9 miliardi di persone, con una domanda alimentare accresciuta sino al 70% rispetto all’attuale.
      Il problema è che se da qui al 2050 perpetueremo l’attuale tasso di sprechi alimentari, per sfamare la crescente popolazione mondiale saremo costretti ad aumentare la produzione aggravando tutte le conseguenze indesiderabili di cui parliamo in questa sezione. Al contrario, riducendo il tasso di spreco potremmo attutire gli effetti della crescita della domanda alimentare entro limiti tollerabili.

     

    • La crisi idrica: la filiera agro-alimentare assorbe, a livello mondiale, circa il 70% delle risorse idriche disponibili. Appare allora evidente come sprechi e abitudini alimentari sempre più ‘idrovore’ contribuiscono in maniera determinante ad aggravare la scarsità d’acqua che si sta manifestando per effetto del riscaldamento globale, dell’inquinamento di molti bacini idrici, dell’aumento della domanda da parte delle economie emergenti e del problema delle dispersioni nelle reti acquedottistiche.

     

     

    Sai quanta acqua consumi ogni giorno? 137 litri per gli usi domestici, 167 per gli oggetti di uso quotidiano, 3496 litri per il cibo che mangiamo
    Fonte: From Kyoto to Milan, Barilla Center for Food & Nutrition, Novembre 2013 

     

     

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      Impatto Ambientale

     

     

     

    Conseguenze economiche

    • Diminuzione del reddito disponibile: se spendiamo denaro per acquistare cibo che poi non consumiamo, ci ritroviamo nell'impossibilità di utilizzare quel denaro per soddisfare altre nostre esigenze (alloggio, istruzione, salute, abbigliamento, ecc.), con possibile pregiudizio per la qualità della nostra vita e con effetti distorsivi sull'economia in generale.

     

    • Maggior costo dello smaltimento rifiuti: gli sprechi alimentari generano una grande quantità di rifiuti evitabili il cui smaltimento contribuisce a mantenere elevato il costo del servizio e il livello del corrispondente prelievo tributario.

     

     

    • Inutile consumo di energia: gettare via cibo ancora commestibile implica un duplice spreco in termini di energia perché si perde sia quella contenuta nel prodotto sia quella impiegata nel processo produttivo. Una perdita che diviene triplice quando occorre consumare dell'altra energia nella fase di smaltimento degli alimenti divenuti rifiuti.

     

     

    Una ricerca dell'Università di Stoccolma ha quantificato l'input energetico occorrente per un cheeseburger servito nei fast food in un valore variabile fra le 7.500 e le 20.000 kcal/kg

     

     

     

    Conseguenze etico-sociali

    • Problema della fame nel mondo: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 870 milioni di persone (in pratica 1 persona su 8) non mangiano a sufficienza per poter essere considerate in stato di buona salute. Si tratta di un dato inaccettabile se si considerano i progressi tecnologici e l'attuale capacità produttiva dell'agricoltura industriale.
      Se si considera poi che circa un terzo della produzione alimentare mondiale finisce in pattume, appare evidente che una forte riduzione degli sprechi e un'attenta politica di riallocazione delle risorse alimentari disponibili potrebbero ridimensionare drasticamente il problema della fame nel mondo. Occorre purtroppo constatare che la governance mondiale appare attualmente incapace di organizzarsi efficacemente per raggiungere questo obiettivo.

     

     

    Ogni anno nel mondo vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ancora commestibile, circa 4 volte la quantità necessaria a sfamare gli 870 milioni di affamati nel mondo.
    Fonte: From Kyoto to Milan, Barilla Center for Food & Nutrition, Novembre 2013 

     

     

    • Scarsa qualità dell'alimentazione delle fasce più deboli della popolazione: il fenomeno degli sprechi alimentari fa sì che il livello della domanda rimanga elevato e che quindi chi gestisce l'offerta possa mantenersi su un range di prezzi medio/alti. Questo vale soprattutto per i prodotti di qualità che diventano sempre meno accessibili a quelle fasce di popolazione che, per effetto della crisi, sono entrate a far parte della categoria dei 'nuovi poveri'. Il risultato è che, mentre i ricchi (che, nel frattempo, diventano sempre più ricchi) continuano a mantenere un alto tenore di vita, i poveri (individui o gruppi che siano, nuovi o vecchi che siano) sono costretti ad alimentarsi di meno, ma soprattutto ad alimentarsi peggio. Non è un caso che oggi, per la prima volta nella storia dell'umanità, i poveri siano più grassi dei ricchi perché si alimentano di cibo spazzatura (junk food).
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